“Incredibile… Prova soltanto a rovinarmi l’infanzia sputando su quel capolavoro di film, e giuro che ti vengo a cercare e ti picchio”
Era da un po’ che volevo parlare di storytelling e di uno dei miei film d’animazione preferiti di sempre: Gli Incredibili.
Queste storie che ho raccontato fino ad ora, però, hanno sempre avuto come perno centrale due protagonisti, che si mostrano in due storie differenti, e che poi alla fine arrivano insieme ad una sintesi finale, ovvero a un’arte da raccontare.
Per spiegare quanto sia stato bello per me vedere Gli Incredibili da bambino, devo fare i conti con il me del presente. Oggi il mondo è cambiato, e sentiamo parlare sempre di più di storie incredibili, che ci affascinano e che a volte ci fanno persino aspirare a determinati livelli, sempre superiori e sempre migliori del nostro livello attuale.
Questo fenomeno, quello della spettacolarizzazione degli eventi, oggi viene definito con una tecnica conosciuta come storytelling. Se in genere il termine “storytelling” indica l’attività di raccontare una storia, adesso invece usiamo questo termine per coinvolgere gli spettatori e intrattenerli per un fine che non è solo quello di ascoltare o vedere una storia.
Per raccontare meglio la parte legata allo storytelling, vi racconterò la storia di Emalloru.
“Raccontare… Storytelling… Scusa, ma non è che poi si scopre che in realtà è sempre la stessa cosa, solo scritto in inglese perché fa più figo? No, perché conosco un botto di gente che parla per inglesismi a cazzo solo perché ‘it’s cool’, ma io di culi non ne vedo… “
Gli incredibili: una “normale” famiglia di supereroi
A partire dal titolo, nel film Gli Incredibili, tra le parole più usate nel film, ce n’è una che veniva usata quasi in ogni dialogo: “Normale”.
Non mi capacitavo di come, nel titolo di un film di supereroi, si potessero utilizzare due parole così distanti tra loro (Incredibile e Normale), e comprenderne perfettamente il motivo quando finisci di vedere il film. Col tempo, creare scalpore usando parole dal significato opposto è quasi diventato la quotidianità, e oggi è diventata una routine trovare contenuti o titoli accattivanti, con lo scopo principale di attirare l’attenzione dello spettatore:
- Sii unico fra tanti;
- Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo;
- Less is more (in italiano non rende molto, letteralmente significa “Di meno vuol dire di più“)
Poi c’è questa qui che è la mia preferita, che non è molto usato nei titoli, ma che mi ha sempre fatto pensare:
- Tutti siamo speciali.
Ed è questo il punto di questo articolo: “Come possono convivere contemporaneamente due parole agli antipodi nella stessa frase? Vuol dire che è vero, che effettivamente tutti possiamo essere unici, oppure c’è un errore da qualche parte, in una definizione o in qualcosa che abbiamo sempre dato per scontato…”
Tornando al me bambino, la domanda che mi ero posto all’epoca era molto più semplice, ma in sostanza non è cambiata col tempo: “È normale essere un supereroe?”
Emalloru: nato per fare il regista
Molto spesso alcune persone devono lottare con le unghie e con i denti per capire cosa vogliono fare da grandi. Farlo effettivamente, poi, diventa complesso, però almeno hai trovato una strada da percorrere. Spesso rimaniamo fregati proprio in questo punto del percorso, ovvero all’inizio di questa strada, quando arriva la fatidica domanda: “Cosa vuoi fare da grande?“.
“Ma io che cazzo ne so… L’unica cosa che ho imparato da piccolo è che volevo fare l’astronauta, ma direi che le cose siano andate in maniera leggermente diversa, col tempo…”
Basta parlarne con un po’ di persone per capire sin da subito che nessuno sapeva cosa sarebbe diventato da grande, e molti aggiungono che hanno scelto una strada e speravano di averla azzeccata. Questa scelta è destinata a cambiare, e col tempo subirà delle variazioni inevitabili, ma è sempre meglio sbagliare, piuttosto che rimanere fermi con un dubbio perenne e che non avrà mai una risposta certa al 100%.
Poi è probabile (no, è sicuro) che sbaglierai, e che ti ritroverai a fare 392 tentativi e sceglierai tante volte nella tua vita. Ciò che si impara è che non c’è una scelta giusta da prendere, ma c’è solo una scelta alla volta da prendere.
Nel suo TEDx, Emalloru ci spiega come, attraverso gli occhi di un bambino, riusciamo a togliere tutti i limiti mentali che la società esterna ci ha sempre imposto. Come se vivessimo in un sistema che detta le regole, e noi possiamo solo sottostare ad esse, senza mai avere la possibilità di cambiarle, come in un matrix.
Poi quest’uomo, più in generale nei suoi video, ci spiega che ogni storia che scegliamo di raccontare può essere unica e può avere quella scintilla, solo se siamo disposti ad andare oltre certi limiti convenzionali, modificando le regole che gli altri ci impongono. Perciò, quello che ci spinge a cercare quella scintilla è un pensiero che ci pervade da dentro e ci dice: “Se faccio questo, allora posso ottenere quello… Si, lo farò e ne varrà la pena“.
La scintilla di Emalloru è quella di voler creare contenuti spettacolari, che poi la gente vedrà, e infine se qualcuno ci capisce una lezione tanto meglio (lui in una maniera molto autocritica dice che non gliene frega niente, e che lui agisce solo perché gli va e basta). Fa parte del suo personaggio, d’altronde lo storyteller lui lo fa di mestiere, e la sua voglia, quel pensiero (la scintilla, insomma ci siamo capiti) è quella di creare video che poi la gente vedrà su YouTube.
Durante tutto il suo percorso, Emalloru sembra non aver mai avuto particolari dubbi sul voler fare il regista come lavoro, ed è fondamentale crederci, perché nel tempo avremo sempre delle sfide da affrontare e dei dubbi da risolvere, ma ciò che dobbiamo sempre avere a mente è: “Conosci te stesso“.
Una volta che avrai capito, e avrai scelto (non mi stancherò mai di ripetere quanto sia importante scegliere nella propria vita) cosa vuoi essere e cosa vorrai fare, allora potrai andare avanti nella tua quotidianità e fare quello che vuoi.
Ultima cosa: È molto importante distinguere chi siamo da quello che facciamo, perché non sono la stessa cosa. Adesso ci arriviamo…
La Sindrome dell’impostore
Sono passati 18 anni da quando è uscito nelle sale Gli Incredibili, e sono rimasto scioccato nel vedere quanto sia rimasto attuale. Per spiegarvi come mai, trovo che il personaggio di Sindrome sia forse uno dei migliori cattivi di sempre in un film di supereroi della Disney.
Nato con il nome di Incrediboy, per seguire le orme del suo idolo, il piccolo Buddy si ritrova a dover affrontare la realtà: “Il suo idolo non lo ha riconosciuto come un supereroe“. Da quel momento in poi, inizia un lungo cambiamento del personaggio, che si può riassumere nel suo nuovo nome da super: “Sindrome”.
Insomma, il piccolo Buddy è cresciuto e riuscirà ad abbattere i propri idoli, sia metaforicamente, sia letteralemente. Il suo intento finale è quello di rendere tutti quanti super. In questo modo, quando tutti quanti saranno super… nessuno lo sarà più.
Fuochi d’artificio a parte per questa citazione magnifica, il personaggio di Sindrome ci mostra come:
- Una persona non è super per diritto di nascita;
- Nonostante le tante difficoltà, la perseveranza supererà sempre il talento;
- Non guardare i tuoi idoli dal basso verso l’alto, ma pensa piuttosto a prendere il loro posto per merito (il merito vero, non quello del governo)
“Tutto molto bello… ma quindi, in sostanza, come finisce questa storia? Non per mettere fretta, ma ho trovato il link su YouTube per rivedere il film e sto per chiudere questa pagina, quindi arriva al punto”
Nessuno è Normale = Tutti sono Super
Sindrome è riuscito a capire chi fosse realmente solo col tempo (non era Buddy, non era Incrediboy, ma era Sindrome), ma quello che voleva fare (e qui la distinzione tra ciò che siamo e ciò che facciamo) l’ha capito sin da subito (voleva essere un super).
Sapeva di essere super, e a modo suo ci è riuscito (aveva pur sempre il mantello…). Chi era lui come persona, quindi (da Buddy, a Incrediboy e infine a Sindrome), è cambiato con il tempo, ed è qui la differenza finale.
Emalloru trova difficoltà a trovare una sua dimensione, a definirsi e categorizzarsi (infatti gli sta sulle balle ‘sta cosa del trovare un’etichetta). YouTuber? Videomaker? Content creator? Si tratta di un regista perché ha fatto documentari e delle pubblicità? Oppure è uno YouTuber, perché fa video destinati a quella piattaforma? O ancora, è un TED Speaker, perché ha fatto un TED Talk?
Tutte queste domande, sono un riferimento a cosa fa Emalloru. La vera domanda sarebbe chi è, e la risposta finale sarebbe: fondamentalmente una testa di cazzo che si fa troppe pippe mentali.
Come tutti noi, in fondo! 😀