È da circa un mese che ho finalmente deciso di affrontare la realtà. Era una questione molto importante che condizionava me e le persone che mi stavano attorno, e… non sono stato in grado di fare nulla.
“Aaaaah, cominciamo alla grande. Potevi raccontare una balla come fanno tutti e dire che va tutto bene, tanto tutti sanno che è solo una formalità. Dai, su, non rompere la magia, e di’ che va tutto bene, tanto qua nessuno ammette mai il contrario.”
Hai presente quando senti di poter fare di più, di avere il dovere di lottare per qualcosa di importante, e che non importa quante volte hai sofferto, ma sapevi che prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui avresti detto: “Finalmente, dopo tanto tempo e tanti sacrifici, finalmente ce l’ho fatta e sono felice“?
Ecco: questa sensazione, a volte, penso di non averla mai provata. O meglio, l’ho provata, ma in misura talmente piccola e poco duratura (in confronto a tutto quello ho passato per ottenerla) che onestamente non la ricordo affatto. Dall’altro lato, invece, ricordo ogni singola volta che ho pianto.
Giusto per fare qualche esempio, quando ricordo con gioia il mio percorso scolastico, tutti i ricordi di giubilo per un esame ben riuscito o per gli argomenti che ho apprezzato di più sono sepolti da una catena montuosa di bestemmie e lamentele che mi hanno accompagnato per tutto il periodo scolastico, in cui l’unico vero ricordo felice che ho è quando quel periodo è giunto al termine.
Altri esempi possono essere delle relazioni amorose portate avanti a un certo punto solo per inerzia, o, peggio ancora, quando ti snaturi completamente solo per andare avanti, senza più considerare quello che ti fa realmente stare bene.
Oppure quando menti a te stesso fin troppe volte, quando senti di non voler fare una cosa, ma la fai comunque, perché:
- “Ma sei pazzo, lo sai che farai solo una figura di merda. Come ti salta in mente di fare una cosa del genere?“
- “Al giorno d’oggi tutti fanno (inserire cosa a caso che è di tendenza), lo faccio anch’io e sto alla grande. Tu quand’è che ti decidi?“
- “Mah… Non lo so Rick, lo stai facendo nel modo sbagliato. Non vedi che lo fanno tutti così?“
- “Mi dispiace che ci hai messo tanto impegno fino ad ora, tante energie che poi saranno sprecate se molli proprio adesso. E se poi te ne penti?“
Insomma, ci sono oltre 389 frasi o pensieri di questo tipo che ogni giorno ci fanno sentire frustrati, mettendo completamente in ombra qualsiasi desiderio genuino che può essere partorito dalla nostra mente. Ormai ho capito che quasi tutte le domande che ho ricevuto da amici, o da persone intorno a me, oppure anche da me stesso, a volte, stavano lentamente sopprimendo la mia vera natura.
“Minchia, finalmente hai capito che bisogna fare le cose senza farsi troppe seghe mentali. Ma non ne avevamo già parlato in passato?“
La Natura delle Persone
Cosa vuol dire “natura“, se applicata ad una persona? Me lo chiedo anch’io tuttora, anche mentre sto scrivendo questo articolo, anche se è un’espressione che ho già usato in maniera spontanea. Ma, oltre a sentire determinate parole e usarle a nostra volta, è giusto analizzarne anche il significato.
“Se l’Italia è in rovina è per gente come te, che passa troppo tempo a farsi domande strane e meno tempo sulle cose davvero importanti, tipo scopare. Ci sarà un motivo se le nascite sono in calo, sveglia!”
Detta in poche parole, la natura di una persona è l’insieme dei caratteri distintivi di un individuo, che la rendono unica o comunque molto riconoscibile. Ma attenzione: non si tratta di qualcosa con cui ci nasci, ma è qualcosa che matura nel tempo.
E qui, come in un flash, mi è tornato alla mente uno dei tanti film di Robin Williams (non dico uno dei migliori, perché ogni suo film è semplicemente magnifico), ovvero “L’uomo Bicentenario“, un film che si rifà ad un romanzo di Isaac Asimov del 1976.
Come mai ho avuto questo flash? Beh… Perché l’uomo bicentenario nasce come macchina, per poi fare un luuuuungo percorso per poter diventare un essere umano. Si parla della storia di Uno, un robot domestico, che ha come unico scopo quello di servire gli esseri umani. Il film (e anche il mondo in cui viviamo adesso) parte con una premessa: le macchine non hanno spirito critico, possono solo ubbidire.
Questa verità viene però capovolta quando è un essere umano, il padrone di Uno, a dirgli di essere più critico e di iniziare a pensare di più con la sua testa, di essere meno macchina e più umano. Ed è così che Uno inizia a creare opere d’arte e a disubbidire, quando ritiene che accada qualcosa di ingiusto nei suoi confronti, come l’autoumiliazione o la frustrazione.
Uno sviluppa una nuova visione del mondo, inteso come “ciò che è intorno a me, che mi influenza e che, in minima parte, io posso influenzare”. Ed è qui che arriva la sua controparte, una coniglietta che deve lottare all’interno di una società che sembra porre i carnivori al centro, quando si tratta di potere e di politica: sto parlando di Judy, la protagonista di Zootropolis.
Siamo pur sempre animali
“Senti, ti devo dire che queste metafore che stai usando per spiegare la natura umana, attraverso un robot e un animale… Me gustano. Resti comunque un pazzo, però voglio capire dove vai a parare”
Il mondo di Zootropolis (di cui è previsto un sequel), è forse il film Disney più politico che sia mai stato fatto. Parliamo di un film del 2016 che mandava un messaggio molto chiaro, dove si incentivano gli animali a essere realmente sé stessi, e non ad apparire così come sono visti dalla società.
“L’avessero fatto un anno dopo, quando era scoppiato il #MeToo, sarebbe passato come il nuovo standard del politically correct… E brava Disney, per una volta l’hai azzeccata.”
Nel mondo di Zootropolis, se una tigre vuole essere socievole e vegana, può esserlo tranquillamente. Se una pecora vuole essere subdola e manipolatrice, lo sarà. Se un topo vuole incarnare lo stereotipo dell’italiano mafioso, può farlo. Insomma, sei libero di essere tutto ciò che vuoi, a patto di essere disposto ad accettare le conseguenze delle tue scelte.
Immaginate quanto possa essere difficile per un coniglio donna entrare nel corpo di polizia. Esattamente come nella vita reale, sei costantemente sotto il giudizio degli altri. E questo non vale solo per i colleghi di lavoro, ma anche per gli amici e per la famiglia. Sono loro che hanno una grande influenza su di noi, fino a farci ripensare alle nostre scelte… ad esempio, se sei una piccola coniglietta, non sei fatta per quel mondo, e quindi è meglio se inizi ad occuparti di coltivare carote, come fanno tutti i tuoi simili.
Insomma, anche in un mondo in cui potenzialmente puoi essere quello che vuoi, il freno ultimo che ci è rimasto è una eterna frustazione che proviamo per colpa di stimoli esterni, che tendono a sopprimere i nostri istinti… la nostra vera natura.
Per cosa sei disposto a vivere
“Senti, ti direi di darti un po’ all’oroscopo, così almeno ti riempi la testa di cose universalmente accettabili e non ti fai il sangue amaro su questa roba. Ma sai quanto fai colpo sulle ragazze se dici che sei un Cancro? Poi devi dirmi quando sei nato, che ti calcolo l’ascendente…”
Arriviamo al punto, dato che l’articolo sta andando un po’ per le lunghe e possiamo riassumerne la fine in poche parole. Ciò che conta davvero è far uscire fuori la propria natura, proprio per far sì che certe voci, certi rumori di fondo intorno a noi, spariscano completamente.
La lezione più grande che Uno mi abbia mai insegnato è che il lavoro deve essere un investimento che fai adesso (sacrifici compresi) ma che ti fa realmente star bene dopo, dove puoi realmente dire che ne valeva la pena, e che non importa quanto sia lungo il viaggio. Alla fine sai, in cuor tuo, che ad ogni piccola vittoria sarai realmente felice. Se invece non rientra in questa categoria, ahimè… si tratta di schiavismo.
Anche da Judy, la coniglietta in mezzo ad un mondo di animali selvatici, ho imparato qualcosa che voglio condividere con te: “Anche un erbivoro può ferire i sentimenti di un carnivoro“. Non vado oltre perché troppa gente non ha visto questo film, ed è un reato contro natura, quindi fila a recuperarlo prima di subito.
Insomma, come si è conclusa la mia storia? Con un buon proposito: “Essere sé stessi e non mentirsi più“. Viviamo in un periodo in cui dovremmo volerci più bene, sia perché possiamo farlo (e sarebbe un delitto sprecare questa opportunità), sia perché non ci sono più confini e possiamo essere letteralmente qualsiasi cosa. Non ti parlo di eccessi, di riconoscerti in un cavallo o di pensare a tutti i costi di essere originale.
Fai ciò che ti viene più spontaneo, liberati dal peso che ti porti addosso e abbraccia la tua natura: diventa quello che sei.