“La realtà… Ti ho assecondato fino ad ora con le tematiche e i paragoni più assurdi, e adesso mi stai dicendo che la realtà è un’arte?”
Una delle tematiche a cui sono più affezionato ultimamente è quella della scelta. Ne avevo già iniziato a parlare confrontando il pensiero di Freud e il libero arbitrio secondo Bonolis, e adesso mi ritrovo qui a parlarne dopo aver preso l’ascensore del mio appartamento.
Premettendo che non sono pazzo (anche se da solo non ho modo di dimostrarlo), poco fa ho preso l’ascensore per salire i sette piani che dividono il mio appartamento dal piano terra. Noto una cosa che apparentemente può sembrare banale, ma che solo in quel momento ho realizzato: “Perché c’è uno specchio nell’ascensore?“
Guardo il mio riflesso nello specchio e non riesco a darmi una sola risposta:
- Forse è qui per dare l’impressione di essere in uno spazio più grande di quanto non lo sia in realtà
- Per avere una distrazione, qualcosa da vedere mentre sali o scendi con l’ascensore
- Magari il fatto che ci sia qualcuno insieme a te in una piccola stanza può essere di conforto
Non avevo una risposta esatta. Magari lo specchio era lì semplicemente perché qualcuno l’ha fatto una volta, e da quel momento lo fanno tutti. Però, su una cosa ormai la mia mente si era incaponita e non riusciva a pensare ad altro: “Forse lo specchio era lì perché l’essere umano non vuole mai stare da solo“.
“Ma dai, che esagerato… Io mi chiudo per ore in camera o in bagno proprio per stare isolato da tutto e da tutti. Guarda che io sono cintura nera di SBITAUM: Scuse per Bidonare I Tuoi Amici all’Ultimo Minuto!”
Beh, è vero. Una persona vuole sempre stare in mezzo ad altre persone. Ma ciò che spesso cerchiamo sono una serie di distrazioni che ci portano a non dover vedere le cose in un certo modo, o ad evitare di pensare allo stare da soli con noi stessi. Una sensazione che non vorremmo mai vivere, figuriamoci cercare.
Non riusciamo proprio a sopportare quella sensazione di vuoto, che ci fa pensare troppo e che ci lascia soli con noi stessi. La soluzione per molte persone è non pensarci, sperare che svanisca, che vada via da sola e non torni più.
Totò reale: Il Principe della Risata
In una intervista, Antonio De Curtis ammise che “Il Principe” era il mantenuto del Totò. Un modo simpatico per dire che il personaggio che si era costruito nei suoi film riusciva a mantenere (in senso monetario) il personaggio che aveva ereditato alla nascita, quello con una discendenza imperiale.
Qualcuno penserà che un personaggio come Totò era il principale promotore della risata come medicina, come terapia per colmare quel vuoto che abbiamo dentro e che ci fa stare bene con noi stessi. In fin dei conti, abbiamo sempre cercato una distrazione, e Totò, con i suoi oltre 100 film, ha regalato a milioni di persone momenti di pura felicità.
“Tutto molto bello, ma tu mi vuoi dire che hai pensato tutto questo mentre hai preso un ascensore? Se avessi visto la mostra di Van Gogh a quest’ora staresti scrivendo la 394esima edizione di Guerra e Pace…”
Quella felicità, quelle risate che Totò ha regalato a tante persone, erano dei momenti irripetibili. Sia per l’attore che vive di quello (appunto, Totò che “mantiene” il Principe), sia per lo spettatore che si gode un momento di pura felicità.
Sempre Totò, però, ha dichiarato qualcosa che non mi sarei mai aspettato: “La felicità non esiste“. Una frase di un certo peso, soprattutto se pensiamo a chi l’ha pronunciata. Totò in realtà crede nella felicità, ma in una felicità che dura per pochi minuti, per degli istanti, prima di tornare subito dopo alla normalità.
Ognuno di noi sperimenta la felicità a modo suo. Si può essere felici a lavoro per un risultato ottenuto, in una relazione quando si vivono determinati momenti con amici o con il proprio partner, o anche quando scartiamo un regalo o guardiamo un TikTok.
Da una parte c’è il sentimento, la felicità, e dall’altra parte c’è l’intensità, l’impatto che ha quel sentimento su di noi. Non dobbiamo incolparci se viviamo certi momenti in modo diverso dagli altri, ma dovremmo sentirci in colpa per non viverli appieno quando si presentano.
Dammi una definizione di reale, Totò
Ed è qui che mi viene in mente un’ultima domanda: “Quanto ci importa se qualcosa è reale o meno?”.
Quello che succede quando guardo un film, nel vedere una scena (che il mio cervello sa per certo che non è reale), comunque crea in me un’emozione. Mi immedesimo in quella situazione, e ciò mi porta quasi a viverla.
Senza troppe seghe mentali, ciò che voglio dire è che al nostro cervello non importa se qualcosa è reale o meno. Quello che importa è l’informazione che riceve, che poi sarà elaborata e ci darà una sensazione, e noi come esseri umani andiamo alla ricerca della sensazione, non della realtà.
“Ma questo ascensore ci mette così tanto ad arrivare? Fossi in te mi lamenterei con l’amministratore di condominio…”
Il modo migliore per spiegartelo è tramite un evento che vede come protagonista Keanu Reeves (l’attore di Neo in Matrix) e un curioso avvenimento mentre stava spiegando la trama del film a dei ragazzi che non avevano mai visto il film prima d’ora.
Un signore anziano di 58 anni scopre
che il mondo è una menzogna
Quando ho visto quella scena non riuscivo a capirne totalmente il significato, perché ero focalizzato sul fatto che per me sia importante avere un impatto reale sul mondo attraverso ciò che faccio. Perciò, il mondo dev’essere reale. Fine della discussione.
Ma poi, mi sono guardato nello specchio dell’ascensore, e non era più importante se fosse reale o meno. Non c’era un’altra persona nell’ascensore. Non ero in uno spazio più largo di quanto sembrasse. Non riuscivo a distrarmi vedendo la mia immagine riflessa. Ma la sensazione che provavo era reale. Ero sereno e tranquillo per tutti e sette i piani, fino all’arrivo.
Poi l’ascensore si è aperto, sono uscito fuori e non avevo ancora trovato una risposta. Ma almeno, avevo una storia da raccontare. Reale o non reale, poco importava. L’importante era dare un’emozione, dare agli altri qualcosa di vero.
“Si… Mi stai facendo provare un bellissimo e verissimo mal di testa.”